Il fu Mattia Pascal, di Luigi Pirandello. Parte III.
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Il fu Mattia Pascal è il romanzo che inaugura il Novecento. Le esperienze maturate nel corso della storia dal protagonista, che dopo un insperato colpo di fortuna ha la possibilità di cambiare vita e di liberarsi di ogni vincolo sociale, sono il laboratorio narrativo che permette a Pirandello di rappresentare la crisi dell’universo interiore. Sottoposto alla pressione del consorzio civile e tuttavia incapace di strapparsi alle sue consuetudini, Pascal rimane sospeso in un limbo esistenziale privo di vie d’uscita e dopo essere morto due volte decide di ritirarsi, lontano da tutti e senza identità, nella biblioteca di Miragno, cui affida il resoconto della sua straordinaria vicenda. E perciò questa figura, che anticipa parte delle riflessioni contenute nell’Umorismo, trasmette il senso di fragilità e di sperdimento che l’umanità vive alle soglie del nuovo secolo. Consapevole di questo trapasso epocale Pirandello elabora una forma romanzo ibrida, oscillante fra tradizione e innovazione, da cui affiora l’angoscia di chi guarda al futuro col timore di essere, proprio come il suo personaggio, soltanto un’ombra opaca, prigioniera dei propri dubbi e delle proprie scelte.